Un’altra procedura formale è stata aperta per sospetta violazione del Digital Services Act (Dsa). È quella verso l’ex Twitter. Tra le contestazioni della Commissione, gli account verificati per il rischio dark patterns.
Una nuova contestazione da parte della Commissione Ue in nome del Digital Services Act. È quella rivolta a X, che rischia una sanzione per violazioni riscontrata in aree legate ai dark pattern. Con questa terminologia si intendono le interfacce studiate per indurre gli utenti a compiere azioni indesiderate. Altri ambiti legati alla contestazione all’ex Twitter sono quelli della trasparenza e dell’accesso insufficiente ai dati da parte dei ricercatori. L’indagine, durata sette mesi, ha l’obiettivo di stimolare una maggiore attenzione delle grandi piattaforme online ai contenuti illegali e ai rischi per la sicurezza pubblica ai sensi del Dsa entrato in vigore nel 2022 e pienamente applicabile da febbraio 2024.
Vediamo nello specifico quali sono i nodi individuati da Bruxelles.
Sotto la lente della Commissione, il sistema di spunta blu per gli account verificati che risulterebbe ingannevole e violerebbe le regole europee sui social media. Dato che chiunque può iscriversi per ottenere lo status di “verificato”, ciò potrebbe indurre in errore gli utenti sull’autenticità degli account e sui contenuti con cui interagiscono. Il tema dei dark patterns è molto sentito a livello internazionale. Tra le principali ricerche realizzate per analizzare questo aspetto, due si sono distinte tra il 2023 e il 2024. Quella coordinata dal Global privacy enforcement network di cui fa parte anche il Garante italiano è un’indagine sui modelli di design ingannevole presenti su web e app che ha individuato anche delle linee guida per riconoscere ed evitare tali sistemi.
L’indagine della Ue suidark patterns
Un’altra indagine significativa è quella condotta a tappeto dalla Commissione europea e le autorità nazionali per la tutela dei consumatori di 23 Stati membri, di Norvegia e Islanda (rete CPC) che hanno pubblicato nel 2023 sui siti web del commercio al dettaglio volta a fare emergere le pratiche di manipolazione online. Secondo i dati registrati dalla ricerca che ha analizzato 399 negozi online di vendita al dettaglio di prodotti tessili ed elettronici, il 40% dei siti web per acquisti online si avvale di pratiche di manipolazione per trarre vantaggio dalle vulnerabilità dei consumatori o per raggirarli.Dai controlli è emerso che 148 siti contenevano almeno un tipo di dark pattern, tra conti alla rovescia fittizi, interfacce web concepite per indurre i consumatori ad acquisti e informazioni occulte. Quest’ultimo problema è risultato il più diffuso (in 70 siti web tra quelli esaminati): tra le informazioni manipolate, i costi di consegna, la composizione dei prodotti o la disponibilità di un’alternativa meno costosa.
I problemi di X, oltre ai dark patterns
Tornando ai punti contestati a X, un’altra questione è la trasparenza in materia di pubblicità: X “non consente la necessaria supervisione e ricerca dei rischi emergenti, derivanti dalla distribuzione della pubblicità online”.
Infine, il terzo punto riguarda il diritto di accesso ai dati pubblici delle piattaforme, negato da X ai ricercatori idonei secondo quanto emerge dall’indagine. In base all’accusa, le condizioni per accedere alla sua interfaccia di programmazione delle applicazioni (Api) “dissuadono i ricercatori dal portare avanti i loro progetti di ricerca”, o non lasciano loro altra scelta se non pagare tariffe “sproporzionatamente elevate”.
Lo scenario che si apre ora è quello di una difesa che X potrà esercitare esaminando i documenti contenuti nel fascicolo dell’indagine della Commissione e rispondendo per iscritto alle risultanze preliminari. Se venisse confermata la violazione del DSA, X rischia un’ammenda per un importo fino al 6% del fatturato annuo mondiale. A ciò dovrebbero aggiungersi rimedi per garantire il rispetto delle misure e un periodo di supervisione rafforzato.
Dall’entrata in vigore del DSA a oggi sono già numerosi gli accertamenti e i procedimenti aperti con richiamo alle regole imposte dalla normativa fra piattaforme illustri: AliExpress, Meta, Shein e Temu.