Telegram nel mirino UE per privacy e sicurezza

La piattaforma di messaggistica end-to-end è finita sotto inchiesta per aver agevolato reati online causati dalla sua politica aziendale, che ora forse sta cambiando

Le fondamenta su cui è nata Telegram nel 2013 sono le stesse che hanno provocato il terremoto che sta scuotendo l’App di messaggistica ideata da Pavel Durov e oggi utilizzata da oltre 900 milioni di utenti in tutto il mondo. Proprio la segretezza, resa possibile dalla crittografia end-to-end che contraddistingue la piattaforma, ha fatto sì che Telegram venisse utilizzata per attività illecite, non solo quindi come canale di comunicazione privilegiato soprattutto nei regimi totalitari. Un aspetto che ha favorito questa situazione è anche la possibilità data dall’App di creare gruppi fino a 200 mila membri.
Il 24 agosto 2024 il cofondatore e Ceo di Telegram, Pavel Durov, è stato arrestato in Francia e poi rilasciato in libertà condizionata per “complicità in gravi reati, tra cui pornografia infantile, traffico di droga, molestie informatiche e transazioni fraudolente”. I crimini sarebbero stati agevolati appunto dall’uso di Telegram e da un difetto di controllo e moderazione. L’App collaborava poco con le autorità e si limitava a fornire i dati degli utenti solo in caso di sospetto di terrorismo.

Da una recente analisi di Newsguard, la piattaforma che monitora la disinformazione online, è emerso che il 42% delle fake news sulla guerra in Ucraina proviene da Telegram. Dall’inizio del conflitto con la Russia nel febbraio 2022, il sito ha smentito 243 narrazioni false o distorte. Di queste, ne è stata individuata la fonte in 117 casi: tra questi, 50 nascevano da Telegram.

Telegram, problemi con il DSA

Di certo, l’Unione Europea con questo caso deve affrontare una questione di enorme complessità per il difficile equilibrio tra rispetto della privacy (dei dati degli utenti) e sicurezza online. Un tema spinoso che va ben oltre l’ipotesi di violazione del Digital Services Act (Dsa) su cui la Commissione europea sta indagando. Pare infatti che i 41 milioni di utenti nell’Ue dichiarati da Telegram rappresentino un dato sottostimato per eludere la supervisione più severa che è definita dalla soglia di 45 milioni di utenti per effetto del Dsa, come riportato dal Financial Times.

Nel frattempo, Durov ha annunciato una svolta nella gestione dei dati degli utenti. Secondo le sue dichiarazioni, Telegram fornirà alle autorità giudiziarie gli indirizzi IP e i numeri di telefono degli utenti sospettati di attività criminali. Inoltre, sta già impiegando un sistema di moderazione, sviluppato attraverso l’AI, per identificare contenuti problematici e rimuoverli. L’azienda si impegnerà anche a pubblicare rapporti sulla trasparenza in modo più frequente, con una cadenza trimestrale anziché semestrale.

Tuttavia il cofondatore di Telegram ha successivamente sminuito la portata dei cambiamenti affermando che “I nostri principi fondamentali non sono cambiati. Ci siamo sempre sforzati di rispettare le leggi locali, a patto che non andassero contro i nostri valori di libertà e privacy”. E aggiungendo che “in realtà è cambiato poco”.

Redazione

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