Piracy Shield italiano: per gli Usa ostacolerebbe il libero commercio

La Coalizione per le infrastrutture di internet Usa si scaglia contro il Piracy Shield, la piattaforma italiana nata per combattere le trasmissioni pirata, donata da Lega Calcio Serie A all’Agcom. Il caso è stato segnalato a Washington, dove si lavora a un report sulle barriere commerciali

La piattaforma italiana anti-pirateria Piracy Shield è sotto la lente della Coalizione per le infrastrutture di internet Usa, costituita da 38 aziende che operano con tecnologie di Rete e servizi online, tra le quali Google, Amazon web services, Cloudflare e Nord Vpn, come potenziale barriera al libero commercio. La Coalizione ha depositato un documento presso l’Ufficio statunitense del commercio che sta raccogliendo indicazioni e suggerimenti per il rapporto 2025 sui principali ostacoli esteri al commercio americano.

Piracy Shield, come funziona

La piattaforma, donata da Lega Calcio Serie A all’AutoritĂ  garante delle comunicazioni che l’ha in gestione, è stata sviluppata da Sp Tech, il braccio digitale dello studio legale Previti e progettata per ricevere dai detentori dei diritti sportivi (Sky, Dazn, Rti-Mediaset, Lega calcio Serie A e Serie B), le segnalazioni di indirizzi Ip e risorse internet ritenuti responsabili di trasmissioni pirata

Chi effettua la segnalazione ha 60 secondi per correggerla prima che si generi l’alert rivolto agli Internet service provider che, a loro volta, devono gestire i ticket in 30 minuti, bloccando all’occorrenza gli indirizzi segnalati. Questo sistema ha generato molti errori: nel tempo, sono stati bloccati numerosi siti innocui, fino al grave oscuramento del Drive di Google per sei ore lo scorso 19 ottobre. L’autore di tale segnalazione, Dazn, è stato diffidato. 

Per evitare il blocco esiste una white list, ma resta il fatto che l’applicazione del Piracy Shield ha comportato, ad oggi, l’oscuramento anche di alcuni siti innocui. Le aziende interessate hanno solo potuto agire a posteriori, dato che non esiste un obbligo di avviso dell’avvenuto blocco, facendo ricorso entro cinque giorni. Inoltre, per mantenere la piattaforma anti-pirateria devono essere sostenuti ingenti costi di manutenzione a carico della collettività: 250mila euro solo nel 2024

“La mancata inclusione di controlli sul blocco – ha spiegato la Coalizione – ha portato a numerosi casi di blocco di grandi provider cloud che ospitano una quantità  significativa di siti web, causando così agli utenti la perdita dell’accesso a un gran numero di indirizzi online globali senza alcun legame con la pirateria”.

Piracy Shield, uno strumento AgCom

Il documento presentato all’Ufficio statunitense del commercio fa riferimento anche ad alcuni emendamenti di Forza Italia e Fratelli d’Italia al decreto legge Omnibus presentati e approvati, che ampliano i poteri di azione del Piracy Shield, tra cui l’imposizione di bloccare un indirizzo Ip non solo se è univocamente destinato ad attivitĂ  illecite, come giĂ  previsto, ma anche se lo è in modo “prevalente”. A questo si aggiunge l’obbligo per tutti coloro che offrono servizi Internet di segnalare il sospetto di attivitĂ  illecite online, pena risponderne in tribunale e rischiare fino a un anno di carcere. 

“Il crescente ricorso a interruzioni regimi di blocco di siti e sforzi per bloccare le reti private virtuali (Vpn) rappresenta una barriera commerciale significativa e in crescita – secondo la Coalizione -. Queste azioni, spesso messe in atto sotto la copertura di politiche interne, minacciano di frammentare il web aperto oltre a limitare e distorcere l’accesso ai servizi e ai siti web con sede negli Stati Uniti, colpendo in modo sproporzionato le piccole aziende Us e i fornitori di servizi tecnologici”.

La situazione ha generato anche proteste da parte dell’Associazione italiana internet provider e Assoprovider oltre a valutazioni interne ad Agcom per una sospensione della piattaforma al fine di ri-progettarla. 

“Questi requisiti ampi e generalizzati, ora in vigore, potrebbero interrompere indiscriminatamente i servizi globali e l’accesso alla Rete senza una supervisione adeguata. Inoltre, sono in contrasto con le norme internazionali – ha dichiarato ancora la Coalizione. – Il blocco imposto dal Piracy Shield ha avuto un impatto negativo sia sui provider statunitensi, sia sulle aziende i cui siti web sono stati bloccati in modo inappropriato a causa delle insufficienti misure di sicurezza italiane. Il sistema ha portato non solo a frustrazioni tra gli utenti, ma ha anche indotto alcuni provider Vpn a cessare le loro operazioni in Italia a causa dei requisiti onerosi imposti dal Piracy Shield”: un chiaro riferimento, questo, ad Airvpn, che ha chiuso le attivitĂ  a febbraio 2024, a pochi giorni dall’avvio della piattaforma anti-pirateria.

Si attende, ora, la decisione degli Usa, che si baserĂ  sulle evidenze emerse e potrĂ  o meno riconoscere la piattaforma come un ostacolo al commercio, al pari di altri sistemi di tutela nel mirino, sviluppati e usati in altri paesi quali Francia, Russia, Iran, Myanmar e Pakistan, paragonati all’Italia nel report sulla Piracy policy. 

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