Influencer e contenuti pubblicitari: i risultati di un’indagine europea

Quasi tutti gli influencer pubblicano contenuti commerciali, ma solo uno su cinque lo dichiara apertamente nei contenuti diffusi attraverso i social network. Questo è quanto è emerso dallo studio condotto dalla Commissione Europea su 576 profili online

La Commissione Europea e le autorità nazionali per la tutela dei consumatori hanno pubblicato i risultati di una indagine – o “sweep” – svoltasui post dei social network di 576 influencer, allo scopo di verificarne la conformità con la normativa europea sui consumatori in tema di pubblicità. Dall’indagine è emerso che quasi tutti (97%) gli influencer hanno pubblicato contenuti commerciali, ma solo uno su cinque ha indicato che quel contenuto era pubblicitario

Il 78% degli influencer verificati esercita un’attività commerciale, ma solo il 36% la dichiara come professione. Per quanto riguarda i tag o le frasi di riferimento a contenuti commerciali, “collaborazione” (16%), “partnership” (15%) o un generico ringraziamento al brand partner (11%) sono tra i più usati. Allo stesso tempo, è emerso che il 38% degli influencer non utilizza i tag specifici della piattaforma che servono a divulgare contenuti commerciali, come il pulsante “partnership a pagamento” su Instagram. 

In merito all’informativa, il 40% degli influencer la rende visibile durante l’intera comunicazione commerciale. Il 34% lo fa immediatamente senza bisogno di passaggi aggiuntivi, come cliccando su “leggi di più” o scorrendo verso il basso. 

E chi vende prodotti o servizi a proprio marchio? Si tratta del 40% degli influencer coinvolti dallo screening. Il restante 60% non ha diffuso costantemente o non ha divulgato affatto contenuti pubblicitari. Inoltre è emerso che il 44% degli influencer ha un proprio sito web, per lo più piattaforma ecommerce per la vendita diretta.

A seguito dell’indagine, 358 influencer dei 576 coinvolti saranno oggetto di ulteriori approfondimenti, anche alla luce degli obblighi giuridici delle piattaforme ai sensi del Digital Service Act. Le autorità chiederanno di conformarsi alle regole in vigore e, se necessario, potranno essere adottate eventuali misure sanzionatorie previste dalle procedure nazionali.

Il contesto dell’indagine sugli influencer

Gli sweep sono coordinati dalla Commissione Europea e condotti simultaneamente dalle autorità nazionali preposte all’applicazione della legge.  Hanno partecipato alla valutazione sui post degli influencer alcuni Stati membri dell’UE: Austria, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia, oltre a Islanda e Norvegia. 

Dei 576 monitorati dall’indagine, 82 influencer hanno oltre 1 milione di follower, 301 oltre 100mila e 73 tra 5 e 100mila. Diversi influencer sono attivi su diverse piattaforme di social media: 572 hanno postato contenuti su Instagram, 334 su TikTok, 224 su YouTube, 202 su Facebook, 82 su X (ex Twitter), 52 su Snapchat e 28 su Twitch. I principali settori di attività interessati sono, in ordine decrescente: moda, lifestyle, bellezza, alimentazione, viaggi e fitness/sport. Dall’indagine è inoltre emerso che 119 influencer promuovono attività malsane o pericolose, come cibo spazzatura, bevande alcoliche, trattamenti medici o estetici, gioco d’azzardo o servizi finanziari come il trading di criptovalute.

Conformità dei contenuti alle normative vigenti: cosa prevede la legge 

Per agevolare l’adesione ai dettami previsti dalle normative vigenti, lo scorso anno la Commissione Europea ha lanciato l’Influencer Legal Hub, dove gli influencer possono trovare informazioni pratiche sulla conformità al diritto dell’UE. In generale, il diritto comunitario dei consumatori prevede che le comunicazioni commerciali debbano essere trasparenti. Nei loro post, quindi, gli influencer non dovrebbero pubblicare informazioni false o ingannevoli sui prodotti o servizi promossi che rientrano nella direttiva sulle pratiche commerciali sleali. 

Inoltre, qualsiasi promozione dei prodotti o servizi di un marchio in un post che generi ricavi all’influencer o altri tipi di vantaggi, deve essere dichiarata come attività pubblicitaria. Gli influencer che vendono prodotti o servizi per proprio conto hanno gli stessi obblighi legali dei negozi online, come fornire ai consumatori garanzie legali o diritti di recesso.

Anche per le nuove disposizioni contenute nel DSA,

che armonizza gli obblighi per tutte le piattaforme online nell’UE per rafforzare la sicurezza e l’affidabilità dello spazio online, gli influencer che caricano contenuti devono dichiarare se tali contenuti contengano comunicazioni commerciali. Quelli, invece, che si qualificano come trader devono fornire informazioni per garantire la loro tracciabilità prima di utilizzare una piattaforma online per promuovere o offrire i propri prodotti o servizi. 

Infine, ai sensi della direttiva sui servizi audiovisivi e di media, gli influencer che offrono contenuti che soddisfano i criteri per essere considerati fornitori di servizi di media, devono rispettare norme specifiche sulle comunicazioni commerciali di questa tipologia, sull’incitamento alla violenza e all’odio e sui contenuti dannosi per i minori. Le comunicazioni commerciali degli influencer devono essere facilmente riconoscibili e non devono essere pregiudizievoli per la salute o la sicurezza, non devono sfruttare l’inesperienza o la credulità dei minori e non devono mostrare irragionevolmente minori in situazioni pericolose.

In generale, le pratiche di marketing problematiche, come quelle rilevate dall’indagine, dimostrano l’importanza di disporre di una legislazione solida, adeguata a garantire l’equità digitale per i consumatori online. A questo scopo i risultati confluiranno anche nel Digital Fairness Fitness Check on EU Consumer Law,

lanciato nella primavera del 2022 dalla Commissione Europea. Lo scopo di questo controllo dell’adeguatezza è valutare i problemi che i consumatori devono affrontare nei mercati digitali e determinare se la normativa UE applicabile è sufficiente a garantire un elevato livello di protezione dei consumatori o necessita di modifiche mirate per affrontare meglio tali questioni.

Il controllo valuta l’adeguatezza della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, sui diritti dei consumatori e sulle clausole contrattuali abusive, per affrontare questioni di tutela dei consumatori quali dark pattern, pratiche di personalizzazione, influencer marketing, annullamenti di contratti, commercializzazione di articoli virtuali o uso di prodotti digitali che creano dipendenza.

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