Dsa, la norma europea messa alla prova qui

Dopo quasi un anno dalla sua entrata in vigore, si iniziano a valutare i primi risultati dell’applicazione del Digital Service Act europeo

Dal 17 febbraio 2024 tutte le piattaforme che forniscono servizi online nei 27 Paesi dell’Ue devono rispettare il Dsa, Digital service act. La Commissione ha identificato le Very large online platform (Vlop), l’etichetta con cui il Digital services act identifica i più importanti fornitori di servizi con più di 45 milioni di utenti attivi mensili in Europa.

A questi operatori sono prescritte regole più stringenti su trasparenza di algoritmi e pubblicità, lotta alla violenza online e alla disinformazione, protezione dei minori, stop alla profilazione degli utenti. Al momento sono 22 le Vlop e i Vlose, i grandi motori di ricerca: Google con Search, shopping, maps, play e Youtube, Meta con Instagram e Twitter, poi Bing, X, Snapchat, Pinterest, LinkedIn, Amazon, Booking, Wikipedia e l’App Store di Apple, Zalando, TikTok, i siti porno Pornhub, XVideos, Stripchat e gli ecommerce cinesi Alibaba Express, Temu e Shein.

I primi dossier del Dsa

In questi mesi la Commissione ha aperto dossier a carico delle piattaforme e formalizzato richieste di chiarimenti prima di far partire un’indagine. Contro Bing, il motore di ricerca di Microsoft, proprio per scarsa moderazione. Contro AliExpress, per la gestione di rimborsi e reclami. Contro Meta, per far luce su cosa stia facendo la multinazionale per proteggere i minori su Facebook e Instagram e sulla chiusura del programma Crowdtangle, che forniva dati ad analisti e ricercatori. Contro Temu e Shein sulla sorveglianza dei prodotti. TikTok si è impegnata a tenere fuori TikTok Lite dall’Europa, giudicando pericoloso il suo sistema di ricompense per stare sul social perché genererebbe dipendenza, a causa del Dsa.

Ancora, la Commissione ha inviato richieste formali a Bing, Google Search, Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok, YouTube e X sulle misure di mitigazione dei rischi legati all’intelligenza artificiale generativa, e a LinkedIn sulla pubblicità personalizzata. Si rischiano multe fino al 6% del fatturato annuale e fino al 5% dei ricavi medi quotidiani per ogni giorno di ritardo nell’applicazione delle contromisure richieste.

Zalando, l’unica piattaforma europea finita nel novero, ha contestato la nomina di grande piattaforma. Di mezzo ci sono i numeri usati per etichettarla come Vlop. Secondo la ricostruzione del sito di moda online, la Commissione ha usato dati diversi a seconda dei documenti e ha conteggiato anche attività che, per Zalando, non sono assoggettabili al Dsa. Al momento, il gruppo tedesco resta sotto l’ombrello del Digital services act e, pertanto, ha dovuto versare la tariffa richiesta alle grandi piattaforme per tenere in piedi il sistema dei controlli.

Le regole del Dsa, non sempre facili da applicare 

In questo primo anno il Digital services act ha imposto alle piattaforme di porre attenzione sulla moderazione dei contenuti, uno dei cardini del regolamento. L’operazione ha svelato numeri inadeguati a fronteggiare la massa di post caricati, personale ridotto se la lingua parlata non è un idioma globale (come inglese o spagnolo) e tagli al numero dei moderatori. X ha licenziato 800 persone, tra cui 700 eliminate dal controllo della lingua inglese: in Italia i contenuti di milioni di utenti sono curati da 2 persone. Snapchat ha ridotto i moderatori di mille unità, Pinterest ha tagliato 20 posti nel team inglese, Booking è passato da 68 a 52 persone. La pubblicazione dei numeri serve alla Commissione per indirizzare i suoi interventi. A X ha chiesto conto, ad esempio, del taglio dei moderatori. 

Il numero di dati da analizzare sta crescendo perché le piattaforme stanno integrando gradualmente la notifica automatica al database comunitario. Anche gli Stati sono stati chiamati a rispondere del Dsa: a fine luglio la Commissione ha richiamato Belgio, Spagna, Croazia, Lussemburgo, Svezia e Paesi Bassi per non aver ancora nominato il coordinatore dei servizi digitali, l’ente nazionale incaricato di far applicare il regolamento. 

In una dichiarazione rilasciata a Wired, Roberto Viola, a capo della direzione generale Connect della Commissione europea che sovrintende anche il Dsa, spiega che “tutti i regolamenti hanno un ciclo di lavorazione che non è qualche mese. Ci vogliono almeno un paio d’anni per metterli a regime”. Nel caso del Dsa, aggiunge, c’è “un elemento fondamentale che ancora non è totalmente in vigore, perché serve un primo ciclo di applicazione: l’audit degli algoritmi”. Ossia un controllo esterno, da parte di una società indipendente, dei sistemi di raccomandazione algoritmica delle piattaforme. “Adesso entriamo nella fase – spiega Viola – in cui il Dsa prevede un audit da parte della società indipendente dei sistemi di raccomandazione algoritmica”. È ancora presto per capire se altre piattaforme si aggiungeranno al novero delle Vlop, anche se la Commissione continua a monitorare i numeri. 

Redazione

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