Il fenomeno dei bambini che appaiono sui social in veste di influencer e quello della condivisione online da parte dei genitori di contenuti sui propri figli impongono la definizione di regole a tutela dei minori
I baby influencer hanno un’età inferiore ai 18 anni e sono presenti online con profili e pagine spesso gestite dai genitori. Attraverso foto e video, promuovono prodotti e servizi ai follower, generando guadagni economici.
Quali rischi comporta questo fenomeno sotto il punto vista del benessere fisico, psicologico e sociale? Innanzitutto, i giovani influencer possono essere soggetti allo sfruttamento economico da parte di genitori e aziende, per ottenere guadagni anche a discapito di diritti ed esigenze del minore stesso.
Per gli utenti vi è poi il rischio di essere manipolati dai brand che, attraverso i baby influencer, tentano di condizionare le scelte e i gusti dei giovani follower, sfruttando la loro scarsa consapevolezza degli intenti pubblicitari.
Esiste anche un tema di violazione della privacy da parte delle piattaforme che possono raccogliere e trattare i dati personali dei minori senza il loro consenso o quello dei genitori, esponendoli a possibili abusi o furto di identitĂ . Senza contare che i minori per la loro vulnerabilitĂ possono subire pressioni, critiche, bullismo o molestie da parte degli utenti dei social media, o avere difficoltĂ a gestire la propria immagine e la propria autostima.
Oltre alla necessità di trovare regole comuni che possano valere per tutte le attività legate ai baby influencer, un altro fenomeno che in Italia si sta tentando parallelamente di regolamentare è quello dello sharenting, neologismo coniato negli Stati Uniti che deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità ), ovvero la condivisione online di contenuti con minori.
Baby influencer e sharenting
Secondo uno studio della Northumbria University, i genitori condividono foto e video, soprattutto sui social network Facebook, Instagram e X, con una concentrazione di contenuti durante l’età del minore che va da 0 a 3 anni, ma la pratica continua anche negli anni successivi. Al raggiungimento dell’età per il consenso digitale, che attualmente in Italia è 14 anni, un adolescente medio potrebbe, quindi, avere già migliaia di contenuti online.
Questo fenomeno è da tempo sotto la lente del Garante, soprattutto per i rischi che comporta sull’identitĂ digitale del minore e quindi sulla corretta formazione della sua personalitĂ . Non è un caso, infatti, che tutte le proposte di legge prevedano anche campagne di sensibilizzazione sul tema, rivolte anche ai genitori, per una maggiore consapevolezza dei pregiudizi cui sottopongono i minori con l’esposizione in rete di loro contenuti, anche in termini di utilizzo di immagini a fini pedopornografici o cyberbullismo.Â
Il vuoto normativo in Italia sui baby influencer
Sul fenomeno dei baby influencer e dello sharenting, in Italia, esiste un vuoto normativo che si sta cercando di colmare. Attualmente, sono stati depositati quattro disegni di legge alla Camera e tre di questi anche al Senato.
Tra i punti principali trattati dei ddl: necessità di inserimento di un sistema di “age verification” per siti e social network, avvio di campagne di sensibilizzazione per utenti e genitori, introduzione di tutele per i proventi derivanti dalle attività dei minori online compresa l’autorizzazione dell’Agcom, Autorità garante per le comunicazioni.
La proposta di legge Richetti intende innalzare di un anno l’etĂ minima per il consenso digitale che passerebbe, quindi, da 14 a 15 anni, e attribuire ai gestori dei servizi di comunicazione online la responsabilitĂ di verificare l’etĂ degli utenti e l’obbligo di adottare sistemi adeguati allo scopo, disciplinando le sanzioni in caso di inadempienza o inefficacia.
La proposta di legge Sportiello è costituita da cinque articoli e applica ai baby influencer alcune tutele giuslavoristiche come il deposito dei guadagni su conti intestati ai minori e gestiti da un curatore speciale fino ai 18 anni. Riconosce, inoltre, il diritto all’oblio, a partire dai 14 anni, per la rimozione delle immagini pubblicate online fino al momento della richiesta. Sullo sharenting è previsto il consenso di entrambi i genitori e l’obbligo, per le piattaforme, di adottare un codice di regolamentazione per la diffusione di contenuti dei minori, promuovendo campagne di sensibilizzazione sui rischi legati all’uso dei social da parte dei minori. A differenza del ddl Richetti, questa proposta innalza l’etĂ del consenso digitale di 2 anni, quindi da 14 a 16.
La proposta di legge Bonelli disciplina lo sharenting e il fenomeno dei baby influencer stabilendo la necessitĂ di comunicare preventivamente le attivitĂ e chiedere autorizzazione all’Agcom. Anche in questo caso, è previsto il deposito dei guadagni dei minori su un conto dedicato e la possibilitĂ di esercitare il diritto all’oblio digitale al compimento dei 14. Il disegno di legge dispone inoltre l’aggiornamento del codice di autoregolamentazione tv e minori, che deve essere rispettato anche dalle piattaforme di condivisione video.La proposta di legge Madia-Mennuni è un testo bipartisan del Senato costituito da sei articoli che hanno l’obiettivo di introdurre una serie di obblighi a carico dei fornitori di servizi della societĂ dell’informazione, al fine di tutelare i minori dai rischi del web. Tra questi rientrano la verifica dell’etĂ dei propri utenti e l’introduzione di una funzionalitĂ che consenta ai minori di 15 anni l’attivazione istantanea di un canale di comunicazione vocale e testuale con il numero di emergenza per l’infanzia 114. Inoltre, viene sancita la nullitĂ dei contratti tra piattaforme e minori di 15 anni, salvo consenso validamente prestato da chi esercita la responsabilitĂ genitoriale, e abrogate le disposizioni in materia di protezione dei dati personali relative all’etĂ minima del consenso digitale.