Addio ai cookie, ma non per tutti qui

Solo il 25% degli inserzionisti è pronto ad abbandonare i cookie. Da uno studio di Taboola, condotto da YouGov, emerge che il futuro della digital adv sarà la search e il native advertising

 

Nonostante la recente decisione di Google di ritardare il blocco dei cookie di terze parti il tema rimane delicato, soprattutto per gli inserzionisti che ora hanno necessità di prepararsi all’inevitabile evento che cambierà il modo di fare pubblicità e che provocherà delle conseguenze a livello commerciale. Solo il 25% degli advertiser digitali è pronto ad abbandonare i cookie, mentre il 46% si è detto d’accordo con la decisione di rinvio di Google, secondo i dati raccolti grazie allo studio di Taboola, condotto da YouGov.

Con il coinvolgimento di 202 responsabili di pubblicità e marketing di aziende statunitensi con almeno 100 dipendenti, lo studio offre  delle previsioni sull’impatto di questa rivoluzione legata al blocco dei cookie sulle attività di pianificazione e sulla decisione di investire in determinati canali pubblicitari. 

Dai dati è emersa un’evidenza: la diffusa consapevolezza che sia necessario cambiare l’allocazione delle risorse per la parte digital adv. Il 44% degli intervistati, infatti, prevede di spostare gli investimenti pubblicitari su canali diversi, man mano che il cambiamento si concretizzerà.

Su quali canali investiranno gli inserzionisti dopo l’era dei cookie? 

Gli advertiser hanno individuato alcuni canali che secondo loro potranno garantire prestazioni e migliori ritorni sugli investimenti: search e native advertising.

La search advertising indica la pubblicità legata ai motori di ricerca: l’inserzionista paga un corrispettivo monetario per comparire tra i primi risultati nell’elenco visualizzato dall’utente una volta lanciata la ricerca attraverso l’inserimento di parole o frasi. In questo modo, l’advertiser scala il ranking organico che si forma grazie a precisi parametri volti a giudicare l’attendibilità e la valenza di un sito o un ecommerce in relazione alla ricerca dello user. Questa forma di adv online legata alle keyword viene pianificata direttamente nei circuiti pubblicitari dei motori di ricerca secondo il modello pay-per-click (PPC) per il quale l’inserzionista paga solo se l’utente clicca sul link sponsorizzato, visualizzato a seguito di una ricerca.

La native advertising è la forma di pubblicità contestuale in cui il messaggio viene  inserito in contenuti editoriali e proposto con un taglio giornalistico e con uno stile grafico in linea con quello del mezzo che lo ospita. Si tratta di una tipologia pubblicitaria non invasiva e largamente diffusa. 

A causa della forte commistione tra contenuti editoriali e contenuti pubblicitari, la native advertising è uno strumento di digital marketing difficile da inquadrare in una definizione precisa. I formati pubblicitari nativi, infatti, si mescolano con i contenuti dei publisher e ne assumono a tutti gli effetti le sembianze, “confondendosi” con i contenuti organici e mantenendo invariata la user experience del sito.

L’obiettivo è quello di attrarre l’attenzione degli utenti e stimolare l’engagement grazie a un formato ottimizzato per il canale di distribuzione. Il lettore tende a dare maggiore attenzione a questa tipologia di annunci rispetto agli annunci tradizionali perché recepisce il messaggio come parte del flusso dei contenuti editoriali.

Redazione

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