“Alle transazioni commerciali effettuate attraverso la rete internet, con esclusione delle transazioni che concernono prodotti pornografici, ovvero prodotti il cui uso è comunque vietato ai minori di anni 18, ovvero bevande contenenti alcol, si applica una aliquota unica del 10%”
Questo il comma 1 dell l’articolo 5 della proposta di legge arrivata in queste ore alla commissione Trasporti e comunicazioni della camera. Un singolo comma, un singolo articolo che potrebbero far esplodere definitivamente il Commercio Elettronico in Italia.
La proposta di legge “si propone di creare condizioni più favorevoli, anche in termini regolamentari, per far crescere la cultura digitale delle pubbliche amministrazioni e per stimolare lo sviluppo di servizi digitali al cittadino e alle imprese” ha spiegato l’On. Gentiloni primo firmatario della proposta, che evidenzia anche come la proposta di legge segua “puntualmente il percorso dell’Agenda Digitale Europea per proporre soluzioni e misure efficacemente adeguate al contesto nazionale.”
Qualora la proposta venisse trasformata in legge senza cambiamenti, l’ecommerce potrebbe godere di una nuova spinta grazie al vantaggio derivante dall’abbassamento dell’aliquota al 10% dall’attuale 21%. Undici punti percentuali in meno che permetterebbero al commercio elettronico italiano di guadagnare l’attenzione dei consumatori italiani e di crescere fino a recuperare il gap accumulato verso i cugini europei.
Le uniche transazioni escluse sarebbero quelle concernenti bevande contenenti alcol, nonché prodotti pornografici. Tutti gli altri prodotti godrebbero quindi dell’aliquota ridotta.
Lo stesso articolo, nei commi 2 e 3, sanerebbe anche l’anomalia che penalizza la cessione in formato elettronico di prodotti editoriali (giornali quotidiani e riviste) e libri rispetto alla carta stampata.
Infatti mentre l’acquisto di un libro cartaceo è agevolato da un IVA al 4%, nel caso di ebook l’aliquota applicata è quella maggiore del 21%.
“Non possiamo che accogliere favorevolmente questa proposta.” ha dichiarato Andrea Spedale Presidente dell’Associazione Italiana Commercio Elettronico attiva dal 2006 al fianco dei Merchant italiani, che continua “Il commercio elettronico italiano ha retto bene alla delicata congiuntura economica di questo ultimo anno. Nel 2011 è cresciuto di oltre 20 punti rispetto al 2010, con picchi di del 50/60% per alcune aziende. Le prospettive per il 2012 appaiono molto positive e una azione così forte da parte del legislatore potrebbe far esplodere il fenomeno anche da noi. L’ecommerce potrebbe diventare davvero il volano per l’economia. Crescita significa anche nuove realtà imprenditoriali e nuovi posti di lavoro che dovranno essere occupati da qualcuno.”
La proposta, che sta raccogliendo in rete un consenso pressoché unanime, fornirà una piattaforma in grado di far decollare gli investimenti nell’ICT. Come si legge nell’introduzione del documento, “l’utilizzo ottimale della rete, non è solo un volano per l’economia. Esso costituisce anche una grande occasione di diffusione della democrazia e dell’informazione e di rafforzamento dei diritti di cittadinanza e dei servizi al cittadino”.
Vedi Proposta DDL Agenda Digitale Gentiloni-Rao
Attualmente segnalano la presenza di 2 versioni differenti della proposta di legge.
In una si parla di aliquota unica del 10% in un’altra l’aliquota è del 20%.
L’On. Gentiloni ne ha parlato in prima persona all’interno del portale del Partito Democratico scrivendo “aliquota privilegiata e unica del 10% per favorire il commercio elettronico” (vedi qui.
Dalla stessa pagina è possibile scarica il PDF della proposta di legge dove è nuovamente presente l’aliquota del 10%. (download qui: http://www.partitodemocratico.it/Allegati/DDLagendadigitale.pdf)
In sostanza , passando al 10% la conseguenza sarebbe una abbassamento del prezzo finale per il cliente o una maggior marginalità per i titolari dell’ecommerce?
gradita una delucidazione
Lo scopo della proposta di legge è quello di rendere più ‘appetibile’ l’e-commerce rispetto ai canali tradizionali. La riduzione dell’aliquota dal 21% al 10% è pertanto a vantaggio esclusivo del consumatore.
E’ comunque concettualmente errato gestire l’IVA come ‘margine’. L’IVA è una imposta che il venditore incassa per conto dello stato e che allo stato verserà. Si tratta quindi solo di una partita di giro.
L’iva al 10% verrebbe applicata solo alle vendite o anche agli acquisti? In sostanza acquisto al 21% e vendo al 10% oppure acquisto al 10% e vendo al 10% ?
Grazie
Maggiori delucidazioni?
Anch’io non ho chiara la situazione.
Ciao Andrea,
ci sono novita’ in merito alla proposta di ridurre al 10%la tassazione per le vendite online?
Attendo notizie.
Grazie
domani verrà approvato il decreto… vi invito a scoprire le novità!
Scusate, suppongo non sia stato approvato nulla nel frattempo… In rete non ho trovato nulla, si è discussa, è stata bocciata, rimandata o altro?
se qualcuno ha qualche riferimento lo può postare qui?
grazie…
Ci sono novità?
Io ho un’attività commerciale fisica (negozio) ed un ecommerce collegato. Sinceramente questa proposta di ridurre l’IVA al 10% mi sembra assurda e lesiva della concorrenza. La concorrenza del web (oltre che della grande distribuzione) ha messo in ginocchio il piccolo negoziante classico che parte svantaggiato rispetto alla GDO per i prezzi di acquisto della merce e rispetto all’ecommerce per i costi fissi. Tantissimi negozi online sono fonte di reddito secondario per persone non professioniste che arrotondano il proprio reddito aderendo al dropshipping, per cui oltre avere costi di gestione di un negozio o magazzino fisico, spesso si accontentano di pochi spicci di ricarico per arrotondare (di fatto si prendono una provvigione). La conseguenza di ciò è che i commercianti tradizionali molte volte sono costretti a chiudere perchè i ricarichi necessari per la sopravvivenza dell’azienda sono più alti e quindi fuori mercato. Se a ciò si aggiungesse un’aliquota IVA agevolata per lo stesso tipo di merce, ecco fatta la frittata. Ma ciò non potrà mai essere perchè si lederebbe il principio di eguaglianza sancito dalla Costituzione. Esempio: vendo un paio di jeans a 50 euro (iva 21), acquistati a 25 euro. Solo con l’IVA al 10%, il mio concorrente web con lo stesso ricarico venderebbe a 45,45. Inoltre, non avendo costi paragonabili a quelli del negozio fisico, probabilmente l’ecommerce venderebbe a 40 e l’impiegato che arrotonda da casa col dropshipping vendere a 35. Il vantaggio di tutto ciò sicuramente è per il consumatore, ma anche e soprattutto per la GDO. Cosa ne pensate?
che partiamo con un due preconcetti errati:
– l’attività di e-commerce (seria) non si porta avanti per “arrotondare”;
– nel sistema europeo esiste un regime IVA non uniforme fra i fari paesi che di fatto crea già delle posizioni concorrenziali;
In un’ottica futura dove gli acquisti transfrontalieri cresceranno a dismisura (oggi sono praticamente nulli) è necessario che l’Italia cresca culturalmente e si prepari alla grande sfida sui mercati globali.
Gli e-Shoppers in Italia sono circa 12 milioni e solo il 4% dei consumatori italiani compra online da altri Paesi Ue. Questo dato è più basso rispetto alla media Ue del 7%. L’obiettivo dell’Agenda Digitale Europea prevede che entro il 2015 almeno il 20% dei cittadini compia acquisti online transnazionali.
Il valore delle vendite retail on-line ( circa 11 miliardi di euro) rappresenta meno del 2% del valore totale retail . Anche questo dato è nettamente più basso rispetto alla media Ue del 6%.
Considerati i trend di crescita attuali e i risultati medi europei, potenzialmente il mercato ecommerce Italia potrebbe, nei prossimi 3 anni, contribuire dal 3 al 6% del PIL nazionale.
La proposta, provocatoria, di avere un’unica aliquota IVA al 10% serve a porre l’attenzione sull’aspetto più importante e generale della detassazione dei ricavi provenienti dalle vendite transfrontaliere
Una detassazione dei ricavi del commercio elettronico internazionale, ovvero per le vendite on-line di beni e servizi verso soggetti stranieri, potrebbero permettere il raggiungimento degli obiettivi europei prima dei tempi stabiliti oltre ad avere una bilancia pagamenti ampiamente positiva (con i conseguenti benefici per il nostro sistema)
Sarebbe prima di tutto una forte spinta all’internazionalizzazione per le m-PMI -micro/piccole/medie imprese- che grazie alle agevolazioni fiscali (ad esempio una detassazione dei redditi generati dalla vendita on-line solo verso a soggetti esteri), potranno aggredire e sviluppare i mercati oltre confine sopperendo alle inefficienze del nostro sistema italia.
Oltre all’internazionalizzazione, la maggiore appetibilità del settore, indurrebbe sempre più aziende ad investire nel canale on-line (oggi solo il 29% delle aziende italiane investe in un eStore) portando così l’eccellenza italiana di tante aziende artigianali all’attenzione del mondo.
mi associo a quanto detto da andrea,
inoltre vorrei rispondere a massimiliano, per vendere online non lo so se i costi sono inferiori ad un negozio reale… perchè ci sono esigenze diverse, per esempio essere fra i primi in un motore di ricerca, i costi che si hanno quando vendi, sono diversi, su ogni vendita online paghi una percentuale a chi ti fornisce il servizio per i pagamenti online, giusto per fare due esempi…ma potrei continuare proprio per fare capire che le spese ci sono… un altro esempio potrebbe essere oltre eventuale affitto del magazzino i costi all’anno per mantenere un buon sito (pagare server, pec, certificati di sicurezza, etc..)…
inoltre non credo che la riduzione dell’iva al 10% per le vendite online possa incidere sui problemi di oggi dei negozianti… qui a palermo per fare un esempio i centri commerciali sono arrivati da circa quattro anni e posso dire che molti negozi hanno chiuso… non credo dipenda dalle vendite online, ancora sono pochi quelli che comprano online in italia, fidati…
A tal proposito bisognerebbe invece che quelli come te che hanno un negozio reale, magari investano qualcosa per proporsi online e vedndere a distanza, e per ora che cè crisi bisogna investire di più proprio per non restare fuori o arrivarci troppo tardi…
comunque sulla proposta non se n’è saputo più nulla???
nei vari salvaitalia, agendaitalia, cresciitali, digitalia etc, nonostante tutte le proposte fatte che ci hanno visti in prima linea, TUTTI si sono dimenticati dell’e-commerce. Non esiste alcun provvedimento pro ecommerce
Buonasera, ogni incentivo ben venga, per carità. Tuttavia una cosa è che si creino fondi per favorire investimenti nel settore ecommerce, altra cosa è trattare diversamente due negozi uguali nella sostanza che raggiungono il consumatore secondo canali differenti. Ripeto, la mia è un’attività ibrida, c’è un negozio classico ed un sito internet ad esso interfacciato con tanto di pick & pay. A tal proposito mi chiedo come dovrei comportarmi in tale circostanza: ipotizziamo che il Cliente acquisti online ed opti per il ritiro e pagamento in negozio. Devo applicare l’IVA al 21% perchè la vendita si conclude in negozio oppure l’IVA al 10% perchè è iniziata sul web?
A mio parere non è possibile applicare 2 aliquote diverse sullo stesso bene.
Ad ogni modo conosco le spese che ci sono sul web, poi dipende dai target che si vogliono raggiungere:
puoi spendere 100 euro al mese di seo/pubblicità oppure 5000…
anche il negozio fisico spende tra insegne, paginegialle (pace all’anima sua) e pubblicità varie almeno 100 euro al mese, se proprio non fa nulla, ma se inizia ad andare su radio, cartelloni stradali, giornali, mezzi tradizionali in genere (ipotizzando allergia al web) non ci vuole niente ad arrivare a 1500 euro al mese, che potrebbero essere anche 5000… dipende dalla strategia.
Un negozio medio, tralasciando tasse e balzelli vari che colpiscono tutti, paga almeno 5000 euro l’anno di energia elettrica, 2000 di gas, 1000 di telefono e fax, 2-3 commessi, affitto/mutuo locale commerciale, oltre al fatto che il magazzino deve necessariamente averlo, non si possono esporre foto. Poi ci sono le spese di pubblicità: io spendo per ciascun negozio 900 euro l’anno con SEAT PG, 3000 euro l’anno di cartellonistica stradale, 3000 euro l’anno di radio, 1200 euro l’anno per pubblicità sui giornali, poi il POS c’è anche in negozio, legato ad un conto corrente con bolli e spese (quindi non caro come paypal ma sicuramente paragonabile almeno a IWSMILE) senza contare le spese di pubblicità sul web, molto incisive, tuttavia le uniche che permettano di valutarne l’efficacia.
Dallo scorso anno vendo anche come ditta individuale sul web, vendo abbigliamento in dropshipping anche se mi tengo un piccolo magazzino per ebay. Certo commissioni qui, commissioni là, ma su ebay non faccio altro che girare gli ordini sul fornitore. La commissione ebay è abbastanza alta, ma non servono altri investimenti.
Per cui magari mi dessero l’IVA al 10% tuttavia secondo me andrebbe a strangolare ulteriormente i piccoli commercianti non digitalizzati.
vedo che sai come funziona la vendita online… per quanto mi riguarda penso che le strategie dovrebbero essere altre per la vendita n negozio fisico… e poi il prodotto preso su internet e consegnato in negozio dovrebbe restare con iva al 10% sempre perchè come si è detto piu volte raggiunge quella fascia di consumatori (quelli da web) che l’europa vorrebbe che crescesse.
non penso che se vendi online con consegna in negozio a prezzi un po piu bassi tutti i tuoi clienti in “real” andrebbero a comprare online… ma soltanto una parte.
e comunque mi pare di capire che bisogna aspettare le prossime elezioni per capire come riformeranno tutto.. si sente addirittura che vorrebbero levare gli incentivi alle aziende e compensare diminuendo la pressione fiscale…
chi vivrà vedrà…